PER NON DIMENTICARE

Dalla sera del 3 novembre, per tutta la giornata del 4 e fino al mattino del 5, Pellestrina vive uno dei più gravi momenti della sua storia.

Già le prime minacciose avvisaglie preannunciano il grave pericolo incombente.

Di ora in ora la situazione si fa più grave e pericolosa, tanto che la popolazione cerca di salvarsi sulle motonavi appositamente inviate in soccorso, per non essere travolta dalle possenti onde che si riversano sull’isola.

Efficace, nella sua drammaticità, è la ricostruzione di quelle ore nella cronaca del Maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cester, di cui trascriviamo la parte centrale:

 

“3 Novembre 1966”

ORE 21: Il barometro segna un abbassamento di alcune linee. Le previsioni sono di tempo variabile. Il cielo è coperto. Il vento spira da sud con forza moderata. La fase lunare e stazionaria e con essa la marea nel periodo di morto (gergo locale significante nè alta nè bassa). I pescherecci non escono alla loro opera, hanno timore.

Ore 23: Il vento da sud continua la sua forza sul mare. Le onde sono più alte. Il livello normale delle maree accenna un’altitudine inconsueta. Le preoccupazioni aumentano.

“4 NOVEMBRE 1966”

Ore 2: Il sibilo del vento di scirocco da sud è sempre consistente. La marea, pur eseguendo in laguna un giro verso lo scarico dei porti, si dimostra invece in aumento sul livello. L’acqua ora lambisce gli orli dei marciapiedi sul litorale lagunare. Il mare fa sentire la sua voce, il cupo rombo delle onde è sordo e minaccioso.

ORE 5: La laguna ha ancora aumentato il livello, l’acqua inizia a coprire la parte più bassa, il mare aumenta di forza, sorretto sempre da quei venti da sud che rendono le onde ogni attimo più possenti.

ORE 8: La situazione fa pensare ad una “burrascata” mai vista. Il flusso delle maree è inesistente. Si sperava con il giorno al ritorno della bassa marea, ma invece la laguna aumenta, segno che il mare non riceve acqua, ma anch’esso porta acqua all’interno. Il vento da sud aumenta di intensità. Le preoccupazioni sono forti. Già qualche familiare di pescatori con la loro barca cerca rifugio in Chioggia o verso Venezia, presagi quasi della catastrofe che deve venire.

ORE 10,00: ll tempo peggiora, il mare è torbido. Le onde sono grandi. L’urto dell’acqua contro le scogliere fa sentire il rombo come un inno di morte. Da San Pietro il consigliere comunale Giuseppe Campolonghi mi chiede istruzioni e informazioni. Le dighe a Portosecco stanno cedendo. I primi massi, sotto lo sforzo delle onde, vengono divelti dalla diga-murazzi e portati sulla strada.

ORE 11,00: Inizia il terrore. Il telefono non smette di suonare. Sono chiamate di soccorso, di informazione. Il mare ha aumentato il livello. La laguna a sua volta ha coperto già d’acqua il litorale lagunare di tutta l’isola. Il consigliere Campolonghi mi informa che a Portosecco la diga ha ceduto e che a San Pietro sta cedendo. In Pellestrina ai Brasiola, la diga ha rotto per un fronte di 200 metri; in tutte queste falle il mare entra di prepotenza formando veri canali di acqua torbida, mentre le onde, alte sui venti metri, anche dove la diga regge, passano oltre gli sbarramenti con i loro getti acquei. La laguna ha aumentato, mentre il vento si è rinforzato e la pioggia continua la sua caduta. A mezzogiorno nessuno mangia. Si sentono sulla riva i motori dei pescherecci rimasti che ronzano, pronti alla partenza. Molte famiglie si sono già avviate sulle barche verso la terraferma. Il mare fa paura. Le sue onde, di colore torbido, sono potenti, superano la diga, divelgono i massi della scogliera. Anche la diga di Ca’Roman cede, i suoi macigni sono portati sulla laguna dalla furia delle onde. Ai Brasiola, a Portosecco, S.Pietro, le falle sono maggiori, senza dire quelle di Santa Maria del Mare, ove la diga del porto è spezzata in due e le acque marine l’hanno completamente coperta e, dietro la caserma Carabinieri, ove il mare sta facendo un proprio sfacelo dei murazzi. Sono in collegamento con i miei comandanti e con le autorità di Venezia: vi chiedo, urlo, imploro solo “navi, navi, navi”, Pellestrina deve evacuare, il pericolo è di affondare tutti. Il mare è incontrollabile, la forza e volontà umana sono come una pagliuzza contro un gigante. Evacuare, salvarsi, è d’ordine umano.

ORE 12,30: Parlo con il sig. Prefetto e con il sig. Sindaco, dopo aver chiesto consiglio al sig. Comandante del gruppo Carabinieri di Venezia, e chiedo solo aiuto per la popolazione, navi di appoggio; bisogna evacuare. Se il tempo continua così è la fine. Non termino la comunicazione, le linee telefoniche si interrompono. Quelle elettriche da due ore sono distrutte, l’acquedotto da oltre un’ora non eroga acqua. Siamo isolati. Unico suono il rombo del mare. Pauroso, terribile. Forza spaventosa che ormai non conosce ostacoli. L’acqua della laguna ha ormai coperto l’isola in tutta la sua totalità. Orti, case, strade, nulla esiste. Sul marciapiede lagunare, con civili volontari, si viaggia in barca e faccio un giro d’ispezione. 

Ore 15,00: Sembra la fine. Voci in giro, i cognomi più noti, Vianello, Scarpa, Busetto, Zennaro ed altri non hanno senso; è solo un grido di “vieni, imbarcami, aiuto, Dio proteggimi”. Il cielo è cupo, nero, il vento forte ma ancora…….

ORE 17,10: La fine, sì, è la fine del mondo o di Pellestrina. Da sud il vento cresce d’intensità, il livello marino aumenta e le sue onde entrano nell’isola senza conoscere la scogliera che è come un ostacolino inefficiente. I suoi spruzzi toccano i tetti delle case sulla riviera. La laguna ha portato il suo livello acqueo oltre il metro d’acqua nelle zone alte. Ai Busetti e zone basse, a S. Pietro e Portosecco, in alcune case, tocca i soffitti del primo piano. Urla, grida, pianti, sono contorno dello scenario mortale che la natura ha scatenato. Sulla riva lagunare, con l’acqua alla gola, si porta la gente in spalla verso i pescherecci che fanno spola verso le motonavi giunte alle 16.00 ed inviate dalle autorità di Venezia.

DALLE 16 ALLE 17,30: Si imbarcano oltre 4 mila persone, poi non si può più. Gli elementi hanno forza preponderante, il fisico cede, lo sforzo è immane. I restanti, invocando soccorso ed aiuto, cercano riparo nelle case con piani multipli. Non si arriva ad aiutarli. L’acqua supera il metro e mezzo nei marciapiedi stessi. Sulle motonavi si ode solo il silenzio della gente ammucchiata che stringe al petto il fagottino dei pochi beni portati via e sommessamente una prece: “Madonna, aiutami, Iddio salvaci”. Il mare sempre contento di fare strage dei murazzi, voglioso di affondare questo litorale sud, che fino a pochi giorni prima era stupendo.

ORE 17,50: A bordo delle motonavi si issano gli ultimi arrivati: vecchi, donne e bambini. Quelli rimasti a terra (meglio dire sulle case sommerse) hanno solo la volontà di pregare... Laggiù, ad ovest, un lampo, due lampi, violenti, il vento cede. La calma dura solo attimi, poi il vento, che da oltre 24 ore soffiava da sud, ora invece irrompe da ovest, violento, spavaldo, sicuro, guerriero. Sì, dico guerriero perché, se anche per suo uso la laguna alza il livello, il mare cede, le onde depongono la forza, il livello si ritira nei suoi limiti. Pellestrina è salva. Quel cupo urlo marino lascia posto al canto mite del flusso normale delle onde, quasi inneggiante alla volontà di quella “Vergine” che ancora una volta ha dimostrato che gli elementi nulla valgono sulla volontà di far sopravvivere Pellestrina e S.Pietro in Volta, suo terreno prediletto e suo popolo amico. Poi…

5 NOVEMBRE 1966

ALLE 5,00: Del mattino seguente, l’isola è scoperta dalle acque e presenta i segni della furia.

 

A testimonianza della cronaca del Maresciallo dei Carabinieri Giovanni Cester

Alleghiamo la testimonianza fotografica del Sig. Crosara Vittorio